In attesa del Natale condivideremo con voi ricordi e racconti di vita di alcuni dei pilastri della grande “famiglia” degli analisti transazionali…un modo per tenere a mente le persone che ci sono dietro ai concetti che ogni giorno ci accompagnano nel nostro divenire psicoterapeuti.
Scopriamo qualcosa di più di un Eric Berne bambino, attraverso lo sguardo e le parole di Dolores Munari Poda:
Mi sono più volte chiesta che bambino sia stato il piccolo Eric. Mente acutissima, figlio di un medico e di una scrittrice-giornalista, presto orfano di padre, cui ha dedicato il suo libro Analisi Transazionale e psicoterapia. Un cognome difficile da portare (Bernstein), un naso importante, un viso impegnativo, grande testa di riccioli scuri, sicuramente diverso dai biondi paffuti bambini canadesi che, infatti, lo prendevano in giro nel loro grezzo atteggiamento antisemita. Bernstein era un cognome immediatamente riconoscibile come tale e lo esponeva a persecuzioni a scuola. [...]
Berne trasformò (dimezzò) il suo cognome nel 1943 quando viveva a New York ed era in training psicodinamico. La trasformazione del proprio cognome era peraltro una prassi diffusa nel mondo ebraico [...].
poteva dunque trattarsi di un processo trasformativo, ma certo non fu indolore. La data dell'evento (1943) coincide con un periodo storico di brutale persecuzione antisemita. La vita di berne è stata estremamente complessa e così, credo, la sua infanzia, come è destino dei bambini molto dotati.
Ripercorriamo insieme l’incontro di Fanita English con l’Analisi Transazionale:
“Nel 1964 uno dei miei colleghi psicoanalisti, Jack Tanzman, acquista il testo di Berne Analisi Transazionale e Psicoterapia e me ne fa dono, commentando con sarcasmo: «Questo libro rispecchia alcune delle tue visioni critiche rispetto alla psicoanalisi».
Di fatto quel libro ha trasformato la mia vita personale e professionale. Quali elementi di questa teoria e del suo approccio pratico mi hanno illuminata al punto da portarmi a un cambiamento radicale?
In Analisi Transazionale e Psicoterapia, Berne mostrava come la struttura psichica di un individuo funzionasse sulla base degli stati dell’Io, ciascuno dei quali ha sue proprie manifestazioni fenomenologiche e comportamentali che possono evidenziarsi nel “qui e ora”.
Finalmente cominciavo a comprendere ciò che mi sconcertava. Potevo distinguere tra il Bambino e il Genitore di una persona che incontravo come Adulto, e usare il mio Adulto in modo appropriato senza dispendio di energia inutile, quando avvertivo che il mio Genitore perfezionista tendeva a rimproverare il mio Bambino, colpevole di non cogliere tutto quello che succedeva.
Prima d’allora non avevo alcun modo di riconoscere i cambiamenti degli stati dell’Io. Ora possedevo strumenti di comprensione, definizioni che in passato avevo acquisito incontrando bambini di diverse età per lavorare con il Bambino dei miei interlocutori e aiutarli a usare il loro Adulto, quando «conclusioni di sopravvivenza arcaiche» li mettevano in difficoltà nel presente. I concetti di “stati dell’Io” e di “transazioni” interne ed esterne restano i punti cardine della mia visione analitico transazionale.”
Condividiamo con voi le parole di Salvatore Ventriglia, con cui ricorda l’amico e collega Carlo Moiso.
“Ciò che voglio ricordare oggi è il Carlo maestro…Dove è nata la teoria A.T. di Carlo? E come si è sviluppata? La teoria di Carlo è nata nel rapporto con le persone che aveva in cura. È nata dal desiderio di aiutarle nel modo più opportuno. È nata dalle riflessioni sui libri ma, soprattutto, sui suoi pazienti e si è sviluppata nel dialogo con gli allievi.
Ritengo che questa caratteristica rappresenti una specificità di Carlo; non porsi come il docente che dà lezione, bensì come il didatta che co-costruisce con gli allievi; trasferendo sul piano didattico la sua modalità terapeutica: co-costruire. (..) Carlo ha incarnato nella sua vita personale e professionale il principio etico e filosofico dell’Okness; ci ha insegnato a essere autentici e che l’autenticità ha un prezzo; ci ha insegnato ad avere fiducia e che fidarsi ha un prezzo. Ci ha insegnato a vivere l’Okness come terapeuti e formatori, cosa significa riconoscere la dignità e le capacità di ogni allievo e come, da un incontro così, emerge un pensiero costruito insieme.
Non è un caso che il libro più esaustivo sulla sua teoria sia stato pubblicato da alcuni suoi allievi della bottega transazionale”
Rino Ventriglia.
Ripercorriamo, tramite le parole di Marco Mazzetti, i primi atti compiuti da Eric Berne nella fondazione dell’Analisi Transazionale.
“A Fort Ord Berne selezionava le reclute e cominciava a studiare qualcosa di cui prima ci si occupava molto poco: la comunicazione non verbale e l’intuizione; come mai riusciamo a cogliere qualcosa dei nostri interlocutori, senza poter ricreare i passaggi logici con cui il processo avviene? […] L’attenzione ai processi comunicativi più che al contenuto della comunicazione era abbastanza rivoluzionario.
[…] Nel ’57 viene respinta la sua domanda di essere ammesso come membro clinico nella società psicoanalitica americana, e ci rimane malissimo. La moglie Dorothy ha detto che è stato un momento molto difficile per Berne (Cheney, 1971) ne è rimasto molto deluso, davvero ferito dell’insuccesso. I suoi rapporti con la psicoanalisi, da tempo piuttosto ambivalenti lo diventarono sempre di più; […]
amava la psicoanalisi e al tempo stesso la sentiva stretta.
Molti psicoanalisti ammiravano la sua brillantezza mentale, ma non amavano il suo modo di lavorare […] l’idea che il potere è nel paziente, che la nostra funzione è anche di dargli gli strumenti per diventare il terapeuta di sé stesso. Questo atteggiamento non sembrava molto apprezzato nel mondo psicoanalitico; Eric Berne ha comunque continuato a sentirsi psicoanalista, come la sua richiesta di essere riconosciuto come membro clinico dimostra, nonostante le ambivalenze, fino al rifiuto del 1957, che sembra aver avuto un effetto catartico.
Di colpo si rivolge all’Analisi Transazionale, decide di investirvi le sue energie e, alla fine del 1957, ne fa una presentazione ufficiale al meeting regionale dell’Associazione della Psichiatria di gruppo americana. Questa presentazione diventerà l’articolo: Transactional Analysis: a new and effective method of group therapy, che sarà pubblicato sull’American Journal of Psychoterapy nell’ottobre del 1958: è la prima pubblicazione sistematica sull’Analisi Transazionale, e possiamo quindi considerarla come il suo atto di nascita ufficiale”.
Dolores Munari Poda raccontata attraverso lo sguardo del Prof. del CPD Stefano Morena…
“Se la donna Dolores colleziona sciarpe, l'analista Munari Poda colleziona storie.
Come in una galleria d'arte. Anzi, di più: una Bauhaus, in cui non si scade mai nella ritrattistica psicodiagnostica rigida e formale. È una ricerca del Volto che si fa, nell'incontro, finestra sull'Anima.
Tanti sono i racconti, molti di più gli incontri.
[...] Voglio condividere quello che fu il mio pensiero quando la incontrai per la prima volta nella Stanza dei bambini al Centro di Psicologia e Analisi Transazionale di Milano. Le parlai di Felipe il torero. Le portai la mia disfasia, la mia fatica di terapeuta che giocava con un bambino e non trovava le parole.
[...] La sua risposta fu uno straordinario e decisivo invito a partire e iniziare un viaggio che si dimostrò arduo e affascinante. Un Permesso, questo, che, dopo tanti anni, posso veicolare ai colleghi più giovani.
[...] Aggiungo, in chiusura, la sua capacità di scaldare l'animo e di stimolare la mente. Come una sciarpa, posta intorno al collo, a metà strada tra la testa e il cuore”.
(“Come una sciarpa” -Tratto da “Il posto delle fragole” di Dolores Munari Poda)